Un weekend di grande tennis a Treviso
Grande tennis a Treviso nel weekend dal 14 al 16 gennaio 2022. Gli appassionati della racchetta hanno avuto l’occasione di incontrare, nel giro di due giorni, due autentiche leggende italiane di questo sport: Adriano Panatta e Corrado Barazzutti, oltre al giornalista di Sky Stefano Meloccaro. Ma non tutti assieme: gli eventi sono stati separati, e né Panatta né Barazzutti hanno presenziato all’evento dell’altro.
Panatta, ormai trevigiano d’adozione, ha ospitato Meloccaro all’interno della Club House del suo Racquet Club per la presentazione del libro: “Colpi di genio” pubblicato lo scorso settembre dal giornalista reatino, legato a Panatta da un’amicizia di lunga data. L’evento, cui si poteva accedere solo su invito, è stato l’occasione perfetta per rispolverare aneddoti del passato: Panatta ha raccontato di quella volta a Montecarlo in cui Ugo Tognazzi e Paolo Villaggio lo raggiunsero in hotel e fecero serata fino alle 2:30 del mattino. Inutile dire come finì. Meloccaro, legato da una solida e duratura amicizia personale con Adriano Panatta, ha poi raccontato che: “Non avrei mai fatto il lavoro che faccio se non ci fosse stato lui, quelli della mia generazione sono un po’ tutti figli di Panatta”. La scelta di coniugare musica e tennis (Meloccaro ha sfoderato insospettabili doti canore) è quanto meno inusuale: “Ma il tennis è musica, è armonia, è improvvisazione. Proprio come il jazz”. E sul suo tennista preferito: “Jimmy Connors. Tanti dicono che era antipatico, io un giorno lo vidi giocare a Roma e ne rimasi ipnotizzato. Lo guardai fisso per mezz’ora, senza nemmeno rendermi conto di chi fosse l’avversario”.
Il tour di presentazione è iniziato lo scorso settembre: “E non potevo mancare qui a Treviso. Adriano è un amico, ma non vorrei che si fosse rovinato con le sue mani lasciandomi cantare (ride, ndr).” Tra un pezzo e l’altro (ottima la sua versione di “Fever”) Meloccaro spazia tra campioni del passato e del presente. Inevitabile che sia rimasto fuori qualcuno, magari per il prossimo libro: “Ce ne sono tanti. Potrei dire Edberg o Wilander, ma se devo sceglierne uno allora vado su Henry Leconte. Era pazzo scatenato, un talento incredibile anche se non ha mai vinto uno Slam.”
Teatro diverso il giorno seguente per un workshop tenuto da Corrado Barazzutti, già componente della squadra italiana di Coppa Davis più forte di tutti i tempi e allenatore sia della squadra italiana maschile che di quella femminile, con la quale ha vinto quattro titoli mondiali. Barazzutti, che ha raggiunto la posizione #7 nel ranking ATP, è stato anche allenatore di Francesca Schiavone, con la quale ha vinto il Roland Garros nel 2010. Intervistato dal manager sportivo Andrea Vidotti, Barazzutti ha raccontato la sua storia fin dagli esordi sui campi del circolo tennis di Alessandria, dove si è trasferito seguendo i genitori, e dove è rimasto fino ai 16 anni per poi trasferirsi a Roma: “Giocavo soprattutto in estate, in inverno non c’erano i “palloni” e quindi praticavo anche calcio o ping-pong. I miei genitori volevano che finissi gli studi, e ce l’ho fatta anche se non mi piacevano tanto. Studiare otto ore al giorno era difficile, poi mi sono trasferito a Roma e dopo la maggiore età ho cominciato a capire che il tennis poteva diventare un mestiere. E poi ero lo junior #1 al mondo…” Qual è stata la sua soddisfazione più grande: la Coppa Davis o le semifinali degli Slam? “Quelle avrei preferito vincerle (ride, ndr), ma sono molto soddisfatto della mia carriera. La vittoria della Davis rimarrà sempre la più bella, eravamo giovani rampanti e giocavamo in una situazione molto difficile in Cile.” Con Panatta eravate rivali: “Avevamo due caratteri e due stili di vita molto diversi, ma tra noi c’è sempre stato grande rispetto. Adriano era un grandissimo campione, abbiamo giocato insieme tornei, doppi, dormito nella stessa stanza. Il tennis ci ha tenuto legati.” Sul futuro del tennis azzurro: “Forse al completo è la squadra più forte del mondo. Berrettini, Sinner, Musetti e Sonego sono giocatori fantastici, credo che solo il Canada possa essere al nostro livello. Ma ci manca il doppio, che nelle competizioni internazionali può essere decisivo.” Oggi Barazzutti si dedica alla formazione di giovani talenti: “Ci vuole una testa molo forte per competere a certi livelli, io cerco di prepararli ad affrontare ogni situazione. Sono allenamenti molto duri, finisce che o scappano o diventano più forti, ma hanno bisogno di disciplina, per capire se la scelta che hanno fatto è giusta. E serve qualcuno che li segua, anche durante le competizioni, che conosca il tennis. Io so perfettamente cosa passa nella testa di un giocatore in qualsiasi momento.” Che evoluzione c’è stata rispetto al passato nel mondo del tennis? “I circoli sono aumentati, e si sono riempiti. Ora in tanti giocano a padel, ma presto torneranno al tennis, che è più divertente, formativo, educativo. Giri il mondo, impari le lingue e poi bastano due persone per giocarci.” Quando ha capito che era ora di smettere? “All’inizio della carriera non mi pesava la vita da giramondo, ero sempre via di casa tra partite, alberghi e viaggi. Poi ero un top10 mondiale, ero coccolato e trattato con un occhio di riguardo. Quando sono nate le mie figlie ha iniziato a diventare pesante stare lontano dalla mia famiglia, in più mi sono operato quattro volte al braccio e non sono più riuscito a tornare sui miei livelli. Ho tentato di rientrare, ma ho smesso definitivamente nel 1984.”
Un sentito grazie al sempre vulcanico Ubaldo Saini, che con la consueta disponibilità si è aggiunto ai fornitori di spunti nuovi di Tennis-Chalk! Lui adesso sarà già con la testa alla Treviso del basket, ma noi lo ringraziamo per averci portati all’interno di un evento così d’elite per il tennis trevigiano.
Romagnolo di nascita, ma anche lui, trevigiano d’adozione come Panatta, non poteva di certo non essere ammesso da quest’ultimo a questi eventi memorabili.
Sinceramente poteva parlare di preparazione atletica, materiali (corde, telai), omologazione delle superfici, ma ha dato una risposta scontata e banale, un po’attuale citando il padel.
La risposta di Barazzutti è stata deludente.
È rimasto ancora una volta a fondo campo, senza rischiare la discesa a rete.
Ciao Andrea, buon punto. Per non appesantire troppo l’articolo ho tagliato alcune parti dove Barazzutti ha parlato anche di preparazione. Ad onor del vero, si è concentrato maggiormente sull’aspetto mentale più che su dettagli tecnici che non tutti nel pubblico avrebbero capito. Devo dire che come personaggio mi ha fatto davvero una bella impressione, si è raccontato senza filtri e senza tanti giri di parole, cosa che spesso accade a personaggi sportivi di grande calibro che preferiscono rifugiarsi nel politically correct. Ecco, diciamo che Barazzutti si è dimostrato un vero “all-around player”.
Da questo punto di vista, concordo con te. Barazzutti è un personaggio schietto. Ma siccome ho scritto un libro che s’intitola “Tennis 5.0” in vendita nello store di tennis-chalk e un capitolo verte proprio su come è cambiata la preparazione atletica, capitolo scritto in collaborazione con il professor Carlo Rossi, docente di scienze motorie applicate al tennis, per me sarebbe stato molto interessante capire cosa diceva lui della preparazione atletica, passando dai suoi tempi, ai tempi odierni, attraverso gli anni 80, 90 e il primo decennio di questo secolo. Mi sarei aspettato una risposta simile, dato che lui era un regolarista da fondo campo, che non riusciva ad essere un offensive baseline player, come Ivan Lendl, e poi Andrè Agassi, se non sporadicamente. Forse esagero, ma per me era un Vilas Italiano, leggermente depotenziato rispetto all’Argentino, in quanto a motivazione. Cari saluti. Andrea
Più che altro, quando cita l’Italia come lo squadrone del momento, al limite insidiata dal Canada, si dimentica della corazzata della Russia… pardon, del ROC Team, che al momento è ancora una spanna avanti a tutti.